TEATRO COMUNALE DI ANTELLA (Fi)
Giovedì 20 – Sabato 22 novembre, ore 21 / Domenica 23 novembre, ore 17
Cantiere di lavoro teatrale di Montevecchio/Progetti Carpe Diem
INTERVISTA A MARIA
di Gianna Deidda
Da “Intervista a Maria” di Clara Gallini
con Gianna Deidda e Michela Benelli
Clara Gallini: un nome e una personalità, quelli dell’etnologa e antropologa allieva di Ernesto de Martino (fu lui a chiamarla nel ’59 all’Università di Cagliari) che a molti ricorda ancora, con entusiasmo, una stagione straordinaria in cui studio, ricerca, impegno sociale e personale si mescolavano dando forza e identità a chi, in quegli anni, si sentiva protagonista del cambiamento.
Alla Sardegna la Gallini ha dedicato i suoi più importanti lavori, e l’Isola per lei fu soprattutto l’incontro decisivo con le "classi subalterne" nei villaggi dell’entroterra, battuti uno per uno con la sua Seicento da battaglia. E’ dalle "ricerche sul campo", condotte sotto l’insegna grande del de Martino "meridionalista" degli anni cinquanta, che nascono i suoi notevoli studi sulle feste folkloriche sarde e sui rituali dell’argia, letti a confronto con il tarantismo salentino, che appunto il suo maestro aveva interpretato in via definitiva.
“Intervista a Maria” è un lavoro teatrale realizzato da Gianna Deidda a partire dall’intervista che l’antropologa fece negli anni ‘70 a Maria, una donna che aveva allora circa 70 anni e aveva sempre vissuto a Tonara, paese un tempo terra di pastori, contadini, venditori di campanacci e di torroni, una realtà che in quegli anni stava vivendo, come altre, le inevitabili trasformazioni dei tempi.
A rileggerla, a riascoltarla ora, a distanza di tanti anni, l’intervista non è soltanto la straordinaria e lucidissima testimonianza di un’esperienza di vita e di una visone del mondo, ma anche la cronaca di un incontro fra due donne, diverse per età, formazione, estrazione sociale, provenienza geografica, opinioni, eppure simili per qualità e livello di coscienza critica (per usare un’espressione della stessa Clara Gallini) nei confronti della relazione fra il proprio io individuale e la società, il mondo in cui vivono.
Il lavoro teatrale di Gianna Deidda, nato come studio a Montevecchio, non intende “mettere in scena” quel colloquio, ma farsene tramite; non rappresentare l’evento, ma trasmetterne l’esperienza. Se è vero che noi donne della seconda metà del novecento siamo state testimoni e protagoniste di una frattura rispetto alle culture tradizionali, se abbiamo simbolicamente tagliato o creduto di tagliare i fili che ci legavano al passato, è forse nostro compito recuperare i due capi dei fili tagliati e porgerli, così come sono, alle nuove generazioni, affinché possano usarli, se vogliono, per annodarli, per orientarsi o per tessere nuove tele.
In questo senso lo spettacolo non vuole essere e non è uno spettacolo, ma un “passaggio di testimone”.
E dall’altro lato è, per chi lo fa, emigrata 25 anni fa dalla Sardegna, un personale ritorno a casa, una richiesta d’accoglienza al proprio paese e alla propria lingua, e un tentativo di tornare, come ogni buon poeta deve fare per poter andare avanti, al primo verso da cui è partito.